giovedì 16 giugno 2011

GLI OBELISCHI ANTENNE COSMICHE






















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GLI OBELISCHI DI SISTO V ° E LA SOPRAVVIVENZA E L’USO DEI
GEROGLIFICI EGIZIANI NEL
RINASCIMENTO
Di Ilaria Arpa



I simboli non sono solo una semplificazione grafica, ma come i suoni e le lettere egiziane
sono cellule cariche di energia, che aspettano solo di essere attivate.
All’uso “ermetico” ed arcano dei geroglifici fanno riferimento molti umanisti e artisti dal
‘500 al ‘700. Costoro vedono nel geroglifico la presenza magica del segno sacro, che
contiene in sé l’armoniosa presenza delle forze del cosmo. Tra le fonti di opere famose come gli Emblemata di Alciato e l’Hypnerotomachia Poliphily di Francesco Colonna, c’è il trattatello di Horapollo gli HIEROGLYPHICA.

L’opera risale ai primi secoli del cristianesimo, e fu riscoperta dall’Accademia platonica di Marsilio Ficino nel 1422, quando fu portata da Andro a Firenze da CristoforoBuondelmonti.
Il trattato suscitò grande interesse, perché dal V° sec. Si era perse le tracce di una lettura ragionata dei geroglifici.
Gli Hieroglyphica si compone di due libri che analizzano 189 geroglifici ai quali l’epoca tardo ellenistica e i primi pensatori cristiani (come Plotino e Clemente alessandrino) attribuiscono un complesso significato di tipo teologico e morale.

Nessuna meraviglia che i neoplatonici abbiano considerato per questa via l’Egitto come depositario di un primo messaggio divino, affidato ad un’espressione criptata intesa appieno solo dopo un lungo
tirocinio sacerdotale.
Studiosi e artisti come Alberti e Pietro Valeriano idearono complessi sistemi di geroglifici con i quali esprimere concetti assoluti, al di là della caducità di lingue e alfabeti.
Così i geroglifici diventano quella garanzia del “dopo morto vivere ancora” cui aspirava l’Umanesimo e parallelamente si prestano ad essere una sorta di contenitore per le più assurde e stravaganti idee di chi li interpretava.
La diffusione del pensiero ermetico e delle pratiche alchemiche anche nelle roccaforti del
cattolicesimo (Filippo II° fece edificare l’Escorial da Juan de Herrera, amico e mago
personale del sovrano, per il quale compiva regolarmente pratiche occulte, legate all’astrologia e alla medicina) rende possibile l’utilizzo del linguaggio geroglifico per pratiche magiche nell’Urbe, centro della crhistianitas.
Una delle modalità di trasmissione di questo linguaggio da “iniziati” è praticamente fornita dagli obelischi romani.

Dei molti che sono presenti nella capitale (tredici in tutto) quattro interessano particolarmente: sono quelli innalzati tra il 1585 e il 1590 da SISTO V° ; tolti dall’oblio dei secoli, dopo che erano stati
abbattuti dalla furia e dall’ignoranza dei barbari prima e dei cristiani poi.
Questo pontefice con il progetto dell’architetto Domenico Fontana, avviò un’importante ristrutturazione urbanistica con l’apertura di ampie strade, piazze e il rifacimento della rete idrica, che avrebbero agevolato l’accesso dei pellegrini in città.
Ma al di là dell’operazione esteriore conviene riconsiderare l’utilizzo dei quattro obelischi alla luce della loro provenienza e collocazione.
L’obelisco LATERANENSE (il più alto e il più antico) fu portato a Roma da Costante II°, che lo volle come decorazione del Circo Massimo nel 357 d.C. ma già da mille anni ornava il tempio di Amon a KARNAK, dove il faraone Tutmosi III° lo aveva fatto erigere nel XXV° secolo A.C.

Anche l’obelisco FLAMINIO decorava il Circo Massimo, ma proviene da Eliopoli dove sorgeva davanti al tempio del Sole, è il secondo più antico di Roma (Ramsete II° - XIII° sec. A.C.).

L’obelisco VATICANO (senza geroglifici) e quello solare davanti al Parlamento da Eliopoli.

Gli egizi ritenevano che gli obelischi sacri al dio Sole, il cui principale centro di culto era proprio Eliopoli.

Le sue origini al 2900 A.C., ma raggiunse il suo massimo splendore sotto il nuovo regno, quando Ra detto poi AMON- RA divenne la principale del Pantheon egizio. Eliopoli era definita “pilastro settentrionale”, mentre l’antica Tebe (Karnak) era il “Pilastro Meridionale” e anche qui Amon era sovrano.
Queste strutture verticali (“Obeliskos” in greco significa “Spiedino”, in arabo il suo corrispettivo è “Messalah”, ovvero “Grosso ago”) al pari delle antiche rocce megalitiche possono essere paragonate ad ANTENNE che concentrano le forze positive del cosmo (in particolare del Sole e della Luna) affinché agiscano positivamente sullo Spirito della Terra.

In Egitto sono ben due le LINEE SINCRONICHE che si incontrano nei pressi di Karnak, e proprio a Karnak termina un importante LEY (linee energetiche) che unisce Carnac in Bretagna, Lione assieme ai Fori Imperiali di Roma.

Queste linee seguono un andamento più o meno parallelo che va Nord Ovest a Sud Est, la direzione della salute, della fertilità e del benessere.

Gli obelischi che furono portati a Roma dopo la conquista dell’Egitto seguirono senz’altro il successo delle religioni misteriche locali, importate nell’Urbe; e se è vero che tre di essi (il Flaminio, il Lateranense e quello di Piazza Montecitorio) furono utilizzati come imponenti monoliti decorativi per il Circo Massimo e il Campo Marzio e poi successivamente abbattuti; quello collocato nei pressi del vaticano è rimasto nella sua sede originaria durante tutto il Medioevo.

La collocazione pertanto non può essere casuale; al di là delle motivazioni propagandistiche, possiamo avanzare l’ipotesi che Sisto V° avesse tentato di catalizzare e sfruttare lo scorrimento
energetico positivo di un’importante LEY; tant’è vero che unendo idealmente i quattro obelischi sistini si forma un quadrilatero che comprende la zona dei Fori Imperiali.

Sua finalità pertanto potrebbe essere stata quella di costruire (con un progetto ben più complesso e ambizioso) una LINEA SICRONICA MINORE convogliando l’energia spirituale dei fedeli all’interno di un "perimetro spirituale" dove non a caso, ancor prima della fondazione di Roma stessa, la sacralità è testimoniata in tempi assai remoti, e ci riferiamo alle culture del Paleolitico superiore (40 – 10.000 anni fa) che lasciarono tracce della loro presenza in queste zone altamente simboliche dell’Urbe quali l’area della Vittoria, il Colle Palatino, il Colle Quirinale.

Di conseguenza Sisto V, nutrito dalla cultura ermetica rinascimentale, opportunamente predilesse proprio i quattro obelischi dalla storia millenaria e prestigiosa: i pilastri del dio Sole ad Eliopoli e a Karnak, come catalizzatori del flusso energetico – sacrale del luogo eletto;
intendendo pertanto negli obelischi stessi i "sorveglianti" attivi del rinnovamento dei tempi, aghi granitici che favoriscono nell’uomo la sua partecipazione alla Rivelazione Divina.

Una diffusa conoscenza delle dottrine ermetiche che mira ad attivare tramite un linguaggio di simboli le corrispondenze tra macro e microcosmo, permettendo all’uomo di compiere quell’opera di perfezione interna alla Natura stessa senza forzarne le sottili rispondenze ma bensì di magnificarne la risonanza armonica per mezzo di un immensa liturgia vivente, una liturgia dell’ora intesa come celebrazione cosmica per le sue evidenti corrispondenze astronomiche e dunque, di una definita Conoscenza Primordiale che intese Roma come Centro Metafisico dell'Occidente.

L’universalità tradizionale offerta dal “Septimontium” così come dai “Sette Re” , quali simboli direttamente congiunti alle Sette Stelle dell’Orsa, costellazione boreale, circumpolare, quale riferimento ideale della Dimora primigenia posta a Nord prima dell’instaurarsi dell’obliquità eclittica della Terra e di una diversa misurazione del tempo di cui il calendario romuleo conservò sedimentazione certa nel suo sistema decimale (Dicembre decimo mese).

In Roma risiede l’identità dell’Occidente (non modernamente inteso) essa fu e probabilmente è ancora centro esperienziale d'elezione per una memoria ben precisa e radicata in eventi ancestrali che qui individuano uno tra i più significativi degli “Specchi Oracolari del Cosmo” in cui il corso stesso del tempo, connesso allo svolgimento dell’attuale Ciclo storico, "riflettendosi" e scorrendo in questo luogo potesse "purificare le sue acque" mediante l'azione "filtrante" del Rito...così è...inutile domandarsi del perché sia svanita dal cuore dei più tale magnifica percezione o consapevolezza profonda, tale dimenticanza, che assume sempre di più i connotati di un tragico oblio, rientrerebbe tra i misteri insolvibili dell'Età attuale ( Kali-yuga) connessa al maggior Ciclo che la contiene.


LINEE SINCRONICHE: sono grandi flussi di energia in grado di catalizzare le forze presenti nel cosmo, ma non hanno nulla a che fare con le linee magnetiche terrestri, né sono influenzate da pianeti e stelle vicine.
Possono scorrere al di sopra o al di sotto della superficie terrestre, ad oggi non è chiarita la funzione che hanno con il nostro DNA o che rapporto abbiano con la stessa "materia oscura" dell’Universo.

LEY LINES
:
La loro identificazione in età moderna si deve ad Alfred Watkins.
Nel 1920, questi stava percorrendo con la propria auto le strade di Blackwardine, nell’Herefordshire, in Inghilterra, quando, osservando la cartina, si rese conto che moltissimi siti preistorici, in quella zona per lo più megalitici, e edifici di culto erano allineati e collegabili tra loro con precise linee rette, costituite, anche nella realtà, da piste, sentieri, di circa due metri di larghezza. Dopo una serie di approfondite ricerche, che sfociarono nei volumi Early British Trackways e The Old Straight Track, Watkins giunse alla conclusione che quelle linee erano risalenti al periodo pre-romanico, forse (ma qui eliminerei il dubbio) al neolitico; che fossero poi state ricalcate nell’età del bronzo e del ferro e preservate in modo occasionale durante la cristianizzazione, giungendo quasi intatte fino a noi.

Una fondamentale LEY LINES passa per L'Aquila che geograficamente è sistemata esattamente su uno di questi nodi magnetici, anzi, su uno dei più potenti del mondo dal momento che è al centro della linea che lo attraversa, un segmento che parte da Giza e arriva a Stonehenge, dalle piramidi ai monoliti.
Il tracciato attraversa in linea retta Giza, Castel del Monte (dove c’è il castello- tempio di Federico II), L’Aquila, Chartres e appunto Stonehenge.

Le coordinate geografiche della citta de L'Aquila sono: lat. 42,21 – long. 13,23. La somma della latitudine è 9, la somma della longitudine è 9, vale a dire “99”, l’enigmatica cifra inscindibilmente legata con la città fondata da Federico di Svevia.
L’Aquila è la città delle 99 chiese, 99 fontane e 99 piazze; prima del rovinoso terremoto il campanile della torre civica ogni giorno risonava di 99 rintocchi.
Curiosa coincidenza è che la somma cabalistica della data del sisma che l'ha distrutta dia il sottomultiplo di 9 che è 3.

LINEA SINCRONICA MINORE: quando una linea sincronica affiora sulla
superficie terrestre può essere contattata più facilmente grazie alle “minori” o “secondarie”, costruite con forze legate al pensiero umano.
Esse influenzano gli esseri umani con informazioni che ricevono dalle grandi linee.
Il loro scorrimento non è influenzato da nessuna una forza terrestre, ma è influenzato dalla presenza dei fiumi, emersi e sotterranei e alcuni luoghi elevati hanno la tendenza a diventare antenne nei loro confronti.

Concludendo
Benché l’urbanizzazione crescente sembri disperdere i prestigi più elevati di Roma livellandola ai ritmi profani di una qualsiasi metropoli moderna gli obelischi che ne puntellano il perimetro del “cuore sacrale” avrebbero tutt’ora la funzione di “rallentarne” il battito accelerato, le sue pulsazioni sconnesse dall’originaria ispirazione Romulea.

Riassumendo brevemente, il più alto è quello che troneggia in Piazza San Giovanni in Laterano; è imponente ed esalta tutta la potenza del Faraone che lo commissionò: Tutmosi III; è alto 32,18 metri ed ha una base di tre metri per lato con un peso di 340 tonnellate; il basamento e la croce misurano 15 metri di altezza perciò l'altezza complessiva del monumento è di oltre 47 metri; è in granito rosso, pregiatissimo e utilizzato, all’epoca, solo per l’esaltazione della grandiosità.
Questo obelisco è anche il più antico di Roma, fu innalzato nel XV secolo a.C. ma fu portato a Roma da Tebe nel IV secolo d.C. per adornare la spina del Circo Massimo.

Il secondo per altezza - 23,20 metri – è l’obelisco che si trova a piazza San Pietro; lo portò a Roma da Eliopoli l'imperatore Caligola.
Dovette usare una nave gigantesca fatta costruire appositamente che, poi, l'Imperatore Claudio utilizzò come isola artificiale quando costruì il suo porto di Ostia facendola trainare al largo per riempirla di calcestruzzo affinché affondasse per erigervi sopra il faro.
Su questo obelisco sono nate molte leggende popolari: si affermava che la originaria sfera – un globo bronzeo - contenesse le ceneri di Giulio Cesare e che la croce che sormontava l’emblema della Famiglia Chigi che Papa Sisto V fece sistemare sulla sommità al posto del globo, contenesse una reliquia, un frammento della croce di Gesù.

L’obelisco di piazza San Pietro è un obelisco del tutto particolare: non è coperto da iscrizioni egizie, e nemmeno da geroglifici perché è stato realizzato dagli antichi romani, mentre erano in Egitto, su commissione dell’Imperatore Caligola.

Intorno all’obelisco ci sono sedici pietre ovali - sostituite nell’estate del 1968 perché quelle vecchie erano ormai consunte dal calpestio di milioni di turisti - che sono gli elementi di una grande Rosa dei Venti che corre intorno al monumento. C’è, poi, una fila di pietre tonde, tuttora illeggibili: ognuna recava inciso un segno zodiacale e l’obelisco fa da gnomone segnando, con l’ombra, i movimenti del sole nello Zodiaco.

L'obelisco che oggi si trova in Piazza del Popolo è il secondo per antichità fra gli obelischi di Roma - insieme al basamento supera i 36 metri - fu fatto costruire da uno dei più potenti e famosi Faraoni, Ramesse II e fu innalzato ad Eliopoli più di tremila anni fa e poi portato a Roma da Augusto dieci anni prima della nascita di Cristo e sistemato sulla spina del Circo Massimo: un luogo di grande audience che accoglieva quasi quattrocentomila persone che potevano glorificare la potenza dell’Imperatore ed ammirare l’imponenza del monumento intorno al quale, per oltre cinque secoli, si sarebbero svolte le corse delle bighe. La base è ancora quella originale antico romana; qualche pezzo mancante venne integrato nel corso dei restauri nel tardo '500.
Su due lati opposti un'iscrizione (oggi molto sbiadita) ricorda l'imperatore Ottaviano Augusto, definito "divino figlio di Cesare", che "...avendo ridotto l'Egitto in possesso del popolo romano, dedicò [il monumento] al Sole".

Sui due lati della base ancora privi di testo furono aggiunte delle iscrizioni commemorative: una di esse dice che il papa "trasferì l'obelisco dal Circo Massimo, dove l'imperatore Ottaviano Augusto l'aveva dedicato con empio rito al Sole e dove giaceva come miserevole rovina, restituendogli la forma originale e dedicandolo alla Croce".
L'iscrizione dal lato opposto, che guarda verso la chiesa di Santa Maria del Popolo, è quasi un gioco di parole sulla primitiva dedica del monumento, perché recita: "sorgo più augusto e felice davanti al tempio sacro di colei dal cui utero virginale, durante il regno di Augusto, nacque il Sole di Giustizia" (Ottaviano Augusto era imperatore all'epoca della nascita di Cristo).

Un altro obelisco ricco di storia è quello di Montecitorio e che proviene da Eliopoli: risale all'età di Psammetico II - 594/588 a.C. - e si trova davanti alla Camera dei Deputati; fu portato da Augusto con lo scopo di farne uno gnomone, cioè l'asta di una gigantesca meridiana larga circa 110 metri da destra a sinistra e 60 metri circa dal basso all'alto che si estendeva in Campo Marzio: una immensa piazza tutta coperta con lastre di travertino contenente una complessa serie di tacche di bronzo con scritte e segni zodiacali; frammenti di questi materiali sono stati trovati proprio sotto i palazzi viciniori.
Qui, l’obelisco funzionava come una meridiana posta in modo da far cadere la propria ombra nel centro esatto dell’Ara Pacis nel giorno del compleanno dell’Imperatore Augusto.
Scrive Plinio, già trent'anni dopo la sua posa, che questo grande orologio non segnava l'ora esatta "... salvo che non fosse la terra a spostarsi o, fosse il sole che avesse mutato il suo corso.
L’obelisco fu sistemato davanti a Montecitorio nel 1789 e la sua altezza è di 22 metri senza il basamento; venne aggiunto, alla sommità, un globo bronzeo forato nel centro in modo che il raggio di luce che fosse passato attraverso il foro si sarebbe posato sopra le varie tacche infisse sul pavimento della piazza per ricreare il presupposto della meridiana.
Questa nuova destinazione - nonostante il non buon funzionamento - costituì il "centro astronomico” di Roma.